Davanti all’ingresso della grotta i due giovani si fermarono.
“Vai. – disse il ragazzo - Io ti aspetterò qui. Vai ad ascoltare la tua
canzone.”
Lei si avviò, lieve come una farfalla, verso l’antro buio; profondo il
silenzio, rotto solo dallo scorrere delle acque sorgenti. Chiuse gli occhi, ma
solo per guardare dentro di sé, poi attese il “canto”.
Quando lasciò l’antro trovò Milos appoggiato al fusto di una delle
querce. Il ragazzo non si era ancora accorto della sua presenza e lei restò per
qualche attimo a contemplarlo in silenzio. Aveva pensato, entrando in quell’antro, a chi
sarebbe stato capace di sostituito Fabio nel suo cuore, ma la risposta era
davanti a lei.
La stretta delle sue braccia, la pressione della bocca sopra la sua, erano
sensazioni dirompenti ed eccitanti .... No. Non si era mai soffermata a
scrutare le sensazioni indotte dai contatti con Fabio, fraterni ed affettuosi.
A fare il confronto fra i due, adesso, le pareva addirittura di sminuire ciò che provava per ognuno di loro: emozioni
diverse, ma entrambe irrinunciabili.
Irrinunciabili perché il primo era il sentimento che non aveva bisogno
della presenza fisica per esistere, ed era l’Affetto; l’altro, invece, era il
sentimento nutrito da sguardi e carezze ed era l’Amore.
Lei amava l’Amore, ma non voleva rinunciare all’Affetto.
Richiamato da quello sguardo, Milos si voltò, si staccò dal tronco e le
andò incontro; qualcosa, negli occhi di lei gli rivelò le sue emozioni.
“La Fonte ti ha parlato?” domandò; lei scosse il capo.
“No!... Non la Fonte! E’ il cuore che mi ha parlato!” disse alzando lo
sguardo e protendendo il volto in cerca di carezze. L’ultimo chiarore del sole
morente, intanto, sfavillava nelle gocce d’acqua che le cadevano di tra le dita
e il canto delle cicogne che avevano
nidificato tra le canne dello stagno, arrivava stridulo e insistente.
Milos si chinò; con una mano le scompigliò i capelli legati sulla nuca e
trattenuti da un nastro colorato, poi la prese per la vita e la sollevò da
terra.
Occhi negli occhi, Milos la fissò in silenzio, tremante d’emozione, prima
di accostare la bocca a quella di lei e farvi combaciare le linee arrotondate
delle sue labbra. Sebbene a tenerli uniti fosse solo quel contatto e le dolci
angolazioni del corpo di lei che gli scivolava addosso, morbida e calda, si
sentì incatenato come da una forza invisibile, dolce e misteriosa. Trattenne la
sua bocca e le liberò i lunghi, setosi capellini lei dal nastro che li legava.
Livilla tirò il capo all’indietro offrendo alle sue labbra quella curva
morbida e tenera, fra la gola e il seno, in cui egli tuffò le labbra con
avidità. Morbide anche le braccia, che lei gli passò attorno al collo come
dolci e delicate catene, infine, lei gli posò il capo sulla spalla. Pian piano,
con infinita delicatezza, lui la rimise a terra e con le mani le accarezzò la
schiena, salì fino al collo, raggiunse la nuca. Lei staccò le braccia dal collo
e gli circondò il busto, poi anche lei percorse la schiena di lui, salì fino al
collo, ma non riuscì a raggiungere la nuca. Pure così, egli rabbrividì di
piacere e continuò ad esplorarla ed accarezzarla, fino a quando un rumore alle
spalle li staccò l’una dall’altro; Milos si guardò intorno.
“Qualche scoiattolo sta sgranocchiando ghiande di quercia. - disse -
Questo bosco mi ricorda i monti della Tracia, quando, da bambino, mio padre mi
portava a cacciare il lupo.”
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