Anno di violenze e congiure, la “Capitale del Mondo” fu campo di battaglie private e pubbliche; teatro di complotti ed intrighi: pretoriani e senatori, legionari e gladiatori, filosofi e letterati, schIavi e liberti, vestali e prostitute, maghi e fuorilegge.

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lunedì 28 marzo 2022

" NERONE - INCIPIT vol.II


 


CAPITOLO    I   -   Morte di Nerone

 

Era l’alba del 9 giugno del 68 d.C.

La sera precedente, Nerone era fuggito da palazzo, insieme a pochi fedelissimi. 

Che cosa aveva fatto precipitare gli eventi?

L’uomo più potente dell’impero stava consumando l’ultimo pasto del giorno quando fu raggiunto dal clamore della rivolta. Intorno a lui c’era ancora il corteggio dei fedelissimi, quello sostenuto con gli avanzi dei suoi fasti  faraonici.

“Vai, Faonte. Vai a sentire da dove proviene questo frastuono.” disse, ma il liberto non ebbe bisogno di lasciare il lettino su cui era sdraiato.

 “E’ il popolo, Divino. - rispose addentando un cosciotto di lepre  - E’ il popolo che manifesta malanimo contro Cesare.”

Nerone lo guardò stupito.  Conosceva l’ostilità di senatori e patrizi contro la sua persona, ma che la ribellione potesse venire dalla  plebe, a cui per quattordici anni aveva assicurato Panem et Circenses, non lo capiva davvero.  Guardò il suo liberto quasi con astio.

A togliere Faonte dall’imbarazzo di una replica, provvide l’arrivo di un servo con una lettera che Nerone gli ordinò di leggere.

Questi, uno dei tanti giovani di bell’aspetto di cui Nerone amava circondarsi, cominciò la lettura:  gli eserciti di tutto l’impero, c’era scritto, erano pronti o già in marcia su Roma. Perfino le fedelissime truppe vincitrici a Vesonzio si erano ribellate, manifestando il loro dissenso e offrendo la porpora imperiale al loro generale, Virginio Rufo, che l’aveva rifiutata.

Una collera furibonda colse Nerone. Balzato inpiedi, corse a strappare a viva forza la lettera dalle mani del servo, riducendola in tanti pezzettini che gettò in aria restando a guardarli cadere, poi con un calcio rovesciò la tavola intorno alla quale erano raccolti i lettini: cibi e bevande andarono a imbrattare vesti, parrucche e facce terrorizzate e stravolte.

“Che nessuno possa più bere qui dentro!” urlò, infine, scaraventando a terra i due meravigliosi calici omerici di cui era tanto geloso e restando a guardare quei capolavori dal mirabile intaglio ridursi in frantumi.  Negli attimi che seguirono, la collera lo indusse a rivolgere quel furore incontrollato anche contro se stesso. Cominciò a pestare furiosamente i piedi per terra e ad accompagnare i gesti con grugniti e versi incomprensibili.

La faccia paonazza, le guancia tristemente cascanti agli angoli della bocca,  Cesare sembrava improvvisamente invecchiato.

Passata la prima furia, i cortigiani ripresero a respirare; qualcuno tentò di blandirlo con la lusinga e la lode, così come avevano sempre fatto.

“Il popolo ama Cesare e.... “ cominciò Ninfidio Sabino.

“Non ne ho mai dubitato! Il popolo mi ha sempre amato e tributato elogi. Mi ha preferito a tutti gli altri artisti. - si compiacque Nerone – Non ricordate i Giochi di Troia al Circo Massimo…” parlava, parlava, Cesare. Di corsa, quasi senza interruzioni, poi con pause sempre più lunghe e frequenti. Parlava accompagnando le parole con una mimica che sottolineava un linguaggio sciolto, vivace. Usava o, più esattamente, utilizzava frasi o semplici vocaboli, li legava fra loro secondo il ritmo del discorso: giostrava con le parole come un consumato commediante.

“Il popolo ha sempre amato Nerone  e Nerone è sempre stato grato al suo popolo... Panem et Circenses! - continuava l’appassionato monologo - Questo chiede il popolo e questo il popolo ha sempre avuto da Cesare. Perché il popolo dovrebbe adesso ribellarsi a Cesare...  Una lettera! Scriverò una lettera al mio popolo... Andate ora. Andate tutti. Voglio restare solo per meditare.”

Rimasto da solo, Nerone si ritirò negli Horti Serviliani  per prendere la più difficile decisione della sua vita: fuggire fra i Parti o presentarsi al popolo e dai Rostri nel Foro invocare perdono ed offrire donativi.

La prima soluzione gli appariva abbastanza allettante: i Parti erano suoi amici. Non sarebbe stato facile, però, raggiungere i Parti e così scartò quella soluzione, ma scartò anche la seconda, nel timore di non riuscire a raggiungere il Foro e di essere malmenato prima che potesse aprir bocca. Ignaro della piega che stavano prendendo gli eventi e senza riuscire a prendere decisione alcuna, rientrò nei suoi appartamenti, si spogliò, indossò la veste da notte e si infilò a letto.

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