Anno di violenze e congiure, la “Capitale del Mondo” fu campo di battaglie private e pubbliche; teatro di complotti ed intrighi: pretoriani e senatori, legionari e gladiatori, filosofi e letterati, schIavi e liberti, vestali e prostitute, maghi e fuorilegge.

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mercoledì 30 marzo 2022

MAYA

 

 



Maya era sicuramente una “brava figliola”, come diceva Lucilio, ma soprattutto era una ragazza innamorata. Innamorata del suo filosofo svagato e sognatore e per amor suo aveva accettato quella situazione.

Diciotto anni, il suo destino era quello, prevedibile e triste, di tante bambine nate in schiavitù. Era bellissima, cosa che aveva fatto di lei la più nota e desiderata delle prostitute di Roma. Prima  di lei, anche sua madre, da cui Maya aveva eredità la travolgente bellezza, aveva conosciuto quel destino obbligato.

Un destino anche più misero, in verità! Priscilla era stata esposta alla nascita per volontà del padre che alla moglie partoriente aveva ingiunto di tenere il figlio solo se fosse stato maschio e di esporlo se femmina.

L’avevano raccolta ai piedi della Colonna Lattaria e allevata a spese dello Stato. Aveva dieci anni quando era comparsa per la prima volta in una sala d’asta per la compravendita di schiavi, insieme a una dozzina di fanciulle e fanciulli di bell’aspetto, destinati a servire nella casa di qualche ricco patrizio o ad esercitare in una Casa di Piacere. L’aveva comprata un mangone, mercante di schiavi, per conto della famiglia Crispinilla e in quella casa era cresciuta e vissuta per dar gioia

e piacere con il sorriso e il corpo giovane e ben fatto. Fino alla morte del padrone, quando si era vista affrancare per testamento. Ma anche dopo, Priscilla aveva continuato a fare quello che aveva sempre fatto: la prostibula e con la famiglia Crispinilla aveva mantenuto quel rapporto di obbligo e dipendenza previsto per legge.

Uguale destino per sua figlia, la piccola, bellissima Maja, che portava quel nome per essere nata nel mese di maggio.  Chi era il padre della piccola? Priscilla non lo sapeva davvero. Forse un tribuno, forse un censore. Oppure un console amico di famiglia del padrone. Ma avrebbe potuto essere il padrone stesso: dettaglio, se corrispondente a verità, senza alcuna importanza.

Era  bellissima. Questo sì, era un dettaglio importante. Lo era soprattutto per la padrona: Apollonia Crispinilla, madre di Calvia, che, come molte donne dell’alta società, non disdegnava il mercato della prostituzione, organizzando bordelli in cui collocarvi schiave e liberte di casa.

Maya era l’etera più bella di Roma e la più richiesta: per un sol giorno, un mese o anche un anno.

Non era facile, però, godere delle grazie di quella splendida creatura: il prezzo da corrispondere era piuttosto elevato. Permetteva a madre e figlia un certo tenore di vita e alla ingorda padrona un reddito sicuro. Se il vecchio Licinio era riuscito a strappare un contratto di un anno intero a favore di Lucilio, era stato solamente perchè all’epoca Calvia Crispinilla era amica e amante del tribuno Marco Valerio.  Il contratto era scaduto da tempo e  Lucilio era tornato libero; non Maja, però, che del suo filosofo s’era innamorata davvero e in cuor suo era pronta a tutto: sfidare la padrona e disubbidire a sua madre.

Un amore, il suo, completo, esclusivo ed assoluto. Non quello logorato dall’abuso dei sensi, ma alimentato dal sentimento. Lei, che non doveva possedere sentimenti, né appartenere  a qualcuno, poiché era di tutti e di nessuno, aveva, invece, scelto di amare. Lei, che non poteva avere amici o innamorati, ma solo amanti, aveva scelto di amare, Lei, per cui gli uomini erano capaci di rovinarsi ma non per amore, bensì per maschio orgoglio, aveva scelto di amare. E, quando una creatura come lei ubbidisce al cuore, nessun’altra emozione umana può eguagliare quel sentimento.

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