CAPITOLO I - Tito
Flavio
Raggiunto dalle ultime notizie provenienti da Roma, quella sera stessa a Corinto, il generale Tito convocava il Consiglio per valutare la situazione; ignari degli ultimi eventi, Fabio e Marco presero parte alla seduta.
Tito volle conoscere nella
loro interezza i fatti riguardanti la caduta di Galba e l’ascesa di Otone e il messaggero fu
prodigo di particolari. Riferì della morte di Galba, del suo corpo
ignominiosamente dilaniato e abbandonato alla profanazione e poi ricomposto
dalla pietà di uno schiavo fedele. Riferì dell’esecuzione del terzetto composto
da Icelo, Vinio e Lacone, a cui era seguita una giornata segnata da lutti
infiniti.
“Che cosa ne è stato di
Liciniano Pisone?” si informò subito Marco.
Il messaggero scosse il capo:
“E’ stata di certo la morte
per la quale Otone ha provato maggior soddisfazione. - rispose, poi aggiunse -
Nessuno poteva sottrarre il giovane Pisone alla sua sorte... neppure lo spazio
sacro del Tempio di Vesta in cui aveva cercato rifugio... L’unico riguardo che
quella gente esaltata ha avuto per la Signora del Focolare, è stato quello di
non insozzare di sangue l’interno del Tempio, così ha trascinato quel disgraziato sulla soglia,
prima di sgozzarlo.”
Tito ebbe un gesto di
disgusto.
“Personalmente non ho molta
fede negli Immortali, ma ritengo lo stesso un atto blasfemo profanare un luogo
che i più considerano sacro!”
“Alfano, un guardiano del
Tempio - spiegò il messaggero – aveva provato a nasconderlo nel suo alloggio,
ma i soldati lo hanno scovato e trascinato fuori per ordine espresso di Otone.”
“Conosco il guardiano del Tempio di Vesta. - disse Fabioall’orecchio di Marco - Fu lui ad aiutare Ottavia a lasciare il Santuario”
“La situazione - il
messaggero dirottò su di sè l’attenzione dei due amici - a Roma è molto incerta
e malsicura. La città sembra un palcoscenico su cui si sta recitando una brutta
tragedia con attori della peggiore specie: Otone, naturalmente e Vitellio, il
suo nuovo antagonista!”
“Sappiamo che i soldati della
Ventiduesima e della Quarta Legione hanno abbattuto le statue di Galba e
giurato fedeltà a Vitellio nel nome del Senato e del popolo di Roma. –
interloquì Marco Valerio- Sappiamo che alla rivolta in Germania Superiore hanno
aderito anche i Comandanti delle Legioni della Germania Inferiore e della
Britannia.”
“Per i soldati di Britannia e
Germania - precisò il generale Tito - l’inverno non rappresenta un ostacolo,
abituati come sono ai regimi gelidi di quelle regioni. Intendono invadere
l’Italia e occupare Roma. Chiedono solo il segnale di partenza.”
“Il segnale c’è già stato! -
informò il messaggero - Si dice che Fabio Valente abbia avuto un presagio
favorevole proprio il giorno in cui l’esercito si è mosso. Un’aquila, si dice,
mentre era in testa alla truppa, pare
abbia guidato la colonna per un lungo tratto, prima di levarsi in volo. I soldati hanno considerato questo fatto di buon
auspicio per il loro Cesare… E pare - continuò il messaggero - che Vitellio
ricusasse il titolo di Cesare e gradisse invece quello di Germanico!”
“Intendi metterti in viaggio
per Roma, generale? - domandò a questo punto re Agrippa - Perché questo è
quanto io ho deciso di fare!”
Tito non rispose subito; la
decisione non era delle più facili. Quando si formava un’opinione o prendeva
una decisione, nulla e nessuno riusciva poi a farlo desistere; se, invece,
accadeva che cambiasse idea, non lo
faceva mai senza prima ponderare i fatti.
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