Anno di violenze e congiure, la “Capitale del Mondo” fu campo di battaglie private e pubbliche; teatro di complotti ed intrighi: pretoriani e senatori, legionari e gladiatori, filosofi e letterati, schIavi e liberti, vestali e prostitute, maghi e fuorilegge.

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"SEPOLTA VIVA - LA VESTALE " - Marco il Tribuno

Le tenebre avevano quasi avvolto ogni cosa, complici di delitti e malefatte, quando la biga raggiunse la sua destinazione;  l’Agger   Sceler...

lunedì 5 ottobre 2015

"IDILLIO" da "LA DECIMA LEGIONE - Marco il Tribuno"




Ottavia si voltò. Con la mano destra ricacciò sotto il velo la ciocca ribelle. Lo sguardo cercò quello di lui. Timidamente.  Gli sorrise. Con le labbra sorrisero anche i begli occhi nocciola. Sorrisero pieni di splendore e silenziosi desideri e quel sorriso raggiunse lo spirito di lui, emozionandolo e sconvolgendolo.
Livilla li osservava da lontano. Li scrutava. Il vederli guardarsi in quel modo la esasperava: Ottavia era una Vestale, pensava, nessun uomo poteva sfiorarla mai. Nemmeno con un pensiero.
“Sembrano amici. - diceva a se stessa -  Amici di vecchia data.”
Nessuno aveva nulla da ridire per la disinvoltura di lui e la sorridente fermezza di lei. Nessuno.  Perchè solo lei “vedeva” quello che sfuggiva agli altri? Possibile, si chiedeva, che agli altri sfuggisse quello che  appariva chiaro come un cielo stellato? Chiaro che Ottavia e Fabio erano attratti irresistibilmente l’uno verso l’altra come il miele attira l’ape.   
Turbata e ferita,  mai, però, avrebbe mostrato la sua sofferenza all’antico compagno. 
Un’ancella portò bevande fresche; Fabio ne prese una e la offrì a Livilla; lei la tese ad Ottavia e Fabio le fece una carezza sulla guancia.  Come faceva un tempo.
Una carezza, però, che la irritò.
Ma non era irritata con lui, bensì con se stessa.  Distolse lo sguardo dai due e gettò un’occhiata di traverso in direzione della maschera del Bucco, che continuava con i suoi lazzi irriverenti.
Sì, era proprio irritata.

Continuò a girare d’intorno lo sguardo fintamente distratto e finì per tuffarsi nelle pupille ardenti di qualcuno che pareva essere in attesa proprio del suo sguardo e di quell’attimo… l’attimo cantato dai poeti, in cui due esseri che non si conoscono si incontrano per la prima volta e i  cui sguardi, scontrandosi, accendono fulmini e saette.  Lo sguardo che fa scoccare  la scintilla.
Era lo sguardo di Milos il gladiatore, alle spalle di Fabio,  che la contemplava già da qualche tempo, immobile in mezzo al giardino, alto e possente: il più alto di tutti; perfino Seilace, il beniamino delle arene, era meno alto di lui.
Livilla non lo conosceva. Non lo aveva mai incontrato nè visto prima, neppure da lontano. Suo padre, il siriano Akab non le aveva mai permesso di mettere piede in un circo o un’arena.
Distolse immediatamente lo sguardo. Non voleva incrociare nuovamente quegli occhi, occhi azzurri e metallici, carichi di bagliori, che procuravano sensazioni così nuove e strane, tali da minacciare il sentimento per Fabio appena sbocciato in lei. Come osava guardarla in quel modo? E perché ne era così turbata e disturbata? Anche lusingata, in verità!
L’attimo fugace durante il quale aveva incrociato con lui gli occhi, le aveva rivelato un viso decisamente straordinario e dal fascino irresistibile.  Non somigliava a Fabio.
“Posso accompagnarti alla tua casa quando questa allegra compagnia si sarà sciolta?”
Livilla si voltò; Milos era di fronte a lei, alto, bello, irresistibile e quella giovanile sfrontatezza nello sguardo.
Diversamente da come Fabio guardava Ottavia.
Milos le tese una coppa senza smettere di fissarla; anche lei  lo fissava in silenzio, come incatenata dal fascino ombroso di lui. Osannato idolatrato da donne di ogni età ed estrazione sociale, lo splendido atleta non era certo abituato alla ritrosia o  al rifiuto e tanto meno ad esser messo al confronto con un altro uomo.
“Allora, Egeria, vuoi continuare a fissarmi o dirmi il tuo nome?”
“Mi chiamo Livilla.”
“Bene, Livilla. Brindiamo a noi stessi o al nuovo Cesare?... E naturalmente al nostro ospite!” aggiunse levando il calice in direzione di Marco Valerio che stava sopraggiungendo.
“Avete     fatto amicizia, voi due, vedo. - sorrise il padrone di casa, sollevando anch’egli la coppa - Attenta al nostro grande atleta, piccola Livilla. Lui fa strage di avversari e di cuori femminili!”
“Ah.ah.ah!... - rise il bel gladiatore - E’ lei, la dolce, piccola Egeria, che ha trafitto il cuore di Milos con i luminosi strali scuri!” disse  galantemente il trace.
Livilla prese la coppa e sgranò gli occhi dallo stupore: Milos il gladiatore? Lui era Milos, “suspirium puellarum”, come lo chiamavano tutti? Un poco assomigliava a Fabio. Sì, a guardarlo meglio, un poco assomigliava a Fabio... Ma no! Non era vero!  Stesso  spalle, braccia solide… Tutta qui la loro rassomiglianza.
La ragazza accostò la coppa alle labbra, sorseggiò piano il vino, dolce ed aromatizzato e intanto pensava che mai aveva visto un volto così straordinariamente avvenente. Forse un poco fanciullesco nel profilo e nella espressione.
Continuò a sorseggiare. Vino bianco e spumoso, spiegava il tribuno, proveniente dai possedimenti ostiensi e adatto al palato di una fanciulla. In verità, quel dolce “vinello” dall’intenso profumo e con note di frutta fresca e sensazioni di agrumi, come Marco continuava ad insistere, benché annacquato, era un po’ traditore. Soprattutto con chi non era abituato ai vigneti laziali. Era dolce e scivolava in gola piacevole, ma poi tornava su, violento come un fulmine, attraverso le vene delle braccia e delle gambe e le giunture delle ginocchia e dei gomiti. Un vinello davvero traditore, che donava ebbrezza ed eccitato stordimento.
“Sei molto gentile. - disse - Ma perchè non stai fermo e continui a  saltellarmi intorno? E che cos’è questo fracasso? – continuò, barcollando lievemente - La terra sta di nuovo tremando?”
“Ah, ah,ah!... - rise Milos - Non è la terra che si sta muovendo, bella Egeria! E’ il vino che  muove te... E quello che senti non è il tuono di un terremoto, ma il passo dei soldati spagnoli che pattugliano la città.”
“E’... è successo qualcosa?” farfugliò la figlia di Akab, appoggiandosi al suo braccio.
“Non ancora, ma pare proprio che qualcosa debba accadere!”
(continua)

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AUTOGRAFATO e con  DEDICA  mariapace2010@gmail.com