Anno di violenze e congiure, la “Capitale del Mondo” fu campo di battaglie private e pubbliche; teatro di complotti ed intrighi: pretoriani e senatori, legionari e gladiatori, filosofi e letterati, schIavi e liberti, vestali e prostitute, maghi e fuorilegge.

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lunedì 28 luglio 2014

LA PROSTIBULA - La Prostituta

LA  PROSTIBULA  -  La Prostituta

LA PROSTIBULA - La prostituta

 Due donne dall’abbigliamento inequivocabile comparvero
sull’uscio: due prostitute, una  assai giovane e l’altra un po’ meno, ma ancora piacente. Quell’apparizione suscitò, come era prevedibile, un coro di commenti e di grasse esclamazioni:
“Metrobia, bel grappolo maturo, i tuoi chicchi ristorano ancora.”
“Anche quel grappolino acerbo lascia in bocca sapori di delizie.”
La più giovane, Mezia, non aveva più di tredici anni. Era molto graziosa; scura di occhi e di capelli, ma con una carnagione quasi pallida e levigata, morbida e rosata come una pesca. Alta e snella, non aveva, in verità, molta carne da esporre; per di più, sembrava timida e impacciata, cosa che rendeva i commenti ancora più salaci, considerata la  professione verso cui era stata avviata.
Metrobia, invece, la compagna, poteva avere intorno alla trentina. Procace e un volto gradevole, doveva conoscere bene il proprio mestiere poiché rispondeva per le rime agli irriverenti e sguaiati motteggi di cui era fatta oggetto ed era assolutamente in grado di tenere a freno quelli che si facevano troppo arditi. Era, inoltre, pronta a difendere da assalti troppo violenti la giovanissima compagna che era, chiaramente, sotto la sua protezione. Forse appartenevano allo stesso padrone.
Erano letteralmente coperte di gioielli: bracciali, fibule, anelli e catene, tutti rigorosamente in argento. Avevano la stessa acconciatura, raccolta e trattenuta da una fascia colorata sulla fronte ed indossavano  tuniche azzurre segmentate di rosso, in tessuto quasi trasparente, che lasciavano scoperte spalle e seni; sui
fianchi ostentavano una lunga apertura. Avanzarono nella stanza e
Metrobia si fermò davanti al tavolo di Marco.
“Marco Valerio!?... Sei proprio Marco Valerio!” esclamò.
“Metrobia!... E tu sei Metrobia!”
“Certo che sono io! Sono sempre io. E tu sei proprio Marco Valerio Flavio, il mio bel catulus!...”
“Il suo catulus!... Ah,ah,ah!...”sogghignarono tutti d’intorno.
Marco Valerio sorrideva: Metrobia era la prostituta con cui aveva fatto la sua prima esperienza sessuale.
“Io ho fatto di lui un uomo! - la donna si batte orgogliosamente il petto - Io ho reso uomo il nostro guerriero! Io gli ho insegnato a colpire sempre il bersaglio con la sua lancia.”
“Brava  Metrobia! Brava la nostra bella puttana! Ah,ah,ah...”
“Sei sempre la più troia di quante furono e sono. La migliore.”
“Puoi dirlo ben forte, caro il mio Fausto! - la donna si erse sul generoso busto - Metrobia non è come le vostre Calvie, Livie e Giulie, che si fanno schiavi e gladiatori… Metrobia cerca tribuni, cavalieri e campioni...”
“Ah,ah,ah! – rise Fausto - La prostibula ha i gusti della domina e la domina quelli della prostibula!”
“E che ridete, voi?... Ho il nome di tutti voi, qui! - si batté la fronte con una mano - Ho il nome di tutti voi anche su un papiro  e a fianco di ogni nome c’è un numero.... E sapete che cos’è quel numero? E’ il voto che ho dato a ognuno di voi! A te, Lacone, a te Vitruvio e anche a te, Fausto e... e a tanti altri ancora. Volete vederlo?... Ah,ah,ah! Come mai non sghignazzate più?... Vuoi sapere che voto ho dato a te, Fabio? A te, Lacone ho dato... ho dato... Volete saperlo?”
“Sì!Si!”  un coro;  “No! No!” la sola voce di Lacone.
“Non lo dico!... Non questa sera...  Ma dimmi, tu, mio bel tribuno, dove stai andando? Vai già via?”
“Mi duole assai, mia bella e dolce ninfa, non potermi beare del nettare  che c’è sulle tue labbra e sulla tua pelle, ma devo andare. Ehi, oste!...” chiamò Marco; l’oste si avvicinò con il conto.
“Sempre poeta, il mio aquilotto! Lo sai, Marco Valerio Flavio, che fra tutti tu sei stato il mio preferito? Lo sai che è tuo il voto più alto di quella lista - la donna gli gettò le braccia intorno al collo e lo baciò sulla bocca. - Non voglio nessun dono per questo bacio. E’ un dono che per una volta ho voluto fare io a qualcuno. E chi potevo scegliere se non te?”
“Sempre fortunato, il tribuno!” si levò un coro intorno a loro.
“La fortuna arride solo chi non la cerca. Perché non fai qualche dono anche a me, Metrobia?- ghignò Lacone -  Ci fai bella figura, se qualche volta la dai senza farti pagare!”
“Non a te, vecchio gallinaccio! Non a te! - disse ancora la prostituta staccandosi dal tribuno - Ma al mio catulus!”
Marco sorrise; pagò il conto e dette una moneta d’argento anche alla donna, che dopo una breve esitazione la fece sparire dentro il  corsetto, poi lasciò la ganea seguito dai compagni.

brano tratto da "LA DECIMA LEGIONE - Panem et Circenses"

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